Shhh, SILENZIO! Siamo monaci

Shhh, SILENZIO! Siamo monaci

Shhh, SILENZIO! Siamo monaci: nella famosa “Regola”, San Benedetto da Norcia indicava il silenzio come pilastro della vita monastica. Solo nel silenzio, il monaco può ascoltare veramente Dio, se stesso e gli altri.

 

“I monaci devono custodire sempre il silenzio con amore” scrive san Benedetto nella famosa “Regola”, in cui peraltro ha dedicato un intero capitolo proprio al silenzio (capitolo VI “L’amore del silenzio”).

San Benedetto pone il silenzio come uno dei pilastri della vita monastica. E lo associa ad un altro di quei pilastri, l’ascolto. Nel silenzio, il monaco riesce ad elevarsi a Dio, ad ascoltare la sua voce. Ma nel silenzio, egli riesce anche ad ascoltare se stesso, ad affrontare i propri demoni, a ritrovarsi, a ritrovare la pace. E, infine, nel silenzio il monaco può ascoltare gli altri, i propri compagni di “viaggio” nel monastero, ma anche chi al monastero bussa, per cercare conforto.

Il silenzio, presupposto di una vera comunicazione

In questo senso – e qui sta la particolarità e il valore di quanto scritto da san Benedetto – il silenzio monastico non è qualcosa di passivo, subìto dal monaco, né assenza di comunicazione, ma, al contrario, proprio il presupposto di una comunicazione autentica. Nel silenzio io, infatti, imparo ad ascoltare e a discernere, in modo misurato, ciò che vorrò dire e dare come risposta. Chi ha fatto esperienza di questo tipo di silenzio, magari facendo un pellegrinaggio o un ritiro spirituale presso qualche struttura monastica, ha sicuramente vissuto tutto questo.

Il silenzio dei Padri del deserto

Ovviamente, la pratica del silenzio non nasce con San Benedetto e la sua Regola, ma era una caratteristica già dei Padri del deserto, quei monaci eremiti che abbandonarono la loro vita, spesso agiata, per andare a vivere nei deserti della Siria, dell’Egitto e della Palestina.

La pratica del silenzio come mezzo per raggiungere Dio era in loro molto rigida e difficilmente ammettevano eccezioni.

Uno dei più solerti, in questo senso, fu Sant’Arsenio, uno dei più famosi Padri del deserto, vissuto tra il IV e V secolo. Arsenio era un nobile romano, educatore dei figli dell’imperatore Teodosio I. Nel 394, decise di abbandonare la corte imperiale e di ritirarsi come eremita nel deserto egiziano alla ricerca di Dio. Arsenio era profondamente ligio all’osservanza del silenzio, ma divenne molto popolare e tanti pellegrini lo raggiunsero in Egitto per avere benedizioni e consigli. Non potendo tacere di fronte a chi lo veniva a trovare, Arsenio rispondeva raramente e a monosillabi, evidentemente per scoraggiare altre visite.

Certosini, monaci del silenzio

Oggi, sicuramente l’ordine monastico che più degli altri osserva in modo ancora abbastanza rigido la pratica del silenzio è l’ordine certosino (i cui monaci vengono chiamati “monaci del silenzio”).

Un aneddoto racconta che quando un visitatore della certosa di Miraflores, vicino la città spagnola di Burgos, ammirando la statua di San Bruno esclamò: “Le manca solo la parola!”, il monaco con cui si trovava gli rispose che quella statua del fondatore dei certosini era perfetta proprio perché non parlava.

Questa fedeltà al silenzio dei monaci certosini è stata evidenziata molto bene qualche anno fa nel film documentario “Il grande silenzio” (2005) del regista tedesco Philip Gröning.