Deliziosi dolci monastici, tra gusto e tradizione

Deliziosi dolci monastici: una dolce eredità
MEDIOEVO: in un’epoca in cui  monasteri, abbazie e conventi rappresentavano il fulcro della conservazione del sapere e dell’innovazione, monaci e monache si distinsero non solo per la loro spiritualità ma anche per il loro straordinario contribuzione all’arte culinaria. Sperimentando con ingredienti disponibili e tecniche di conservazione, hanno dato vita a ricette uniche, destinate a superare i confini del tempo. Queste creazioni, originariamente pensate per celebrare le festività religiose o per garantire la conservazione degli alimenti, sono diventate testimoni di un retaggio di sapore e tradizione, che continua a deliziare i palati e ad arricchire il nostro patrimonio culturale fino ad oggi.

L’universo della gastronomia monastica

Nell’incantevole universo della gastronomia, esiste un angolo ricco di storia, spiritualità e tradizione, dove i sapori diventano messaggeri di antichi racconti e la cucina si fa custode di un’eredità culturale senza tempo. Questo luogo speciale è il mondo dei “deliziosi dolci monastici”, dove ogni ricetta è un viaggio attraverso secoli di dedizione, preghiera e, naturalmente, straordinaria maestria culinaria.

La trasmissione del sapere

Molti dei dolci che oggi apprezziamo, spesso senza rendercene conto, hanno radici o sono direttamente derivati da antiche ricette monastiche che hanno attraversato i secoli, arricchendo la nostra tavola con un’eredità culinaria profondamente spirituale e significativa. Assaggiare una leccornia conventuale equivale quindi a intraprendere un percorso indimenticabile, dove il gusto si fonde con la storia, e ogni boccone ci avvicina al cuore pulsante della tradizione monastica. I monasteri sono stati per lungo tempo custodi di ricette segrete , con i monaci e le monache che hanno passato il loro sapere di generazione in generazione, facendo in modo che il segreto non trapelasse al di fuori delle mura conventuali. Questo ha permesso di mantenere vive tecniche che altrimenti si sarebbero perse nel tempo.

La scelta degli ingredienti: tra sacro e profano

Nella preparazione dei dolci monastici, gli ingredienti e il loro trattamento, non sono frutto del caso, ma di una selezione accurata, che rispecchia le stagioni e i ritmi della natura. Le strutture monastiche e conventuali, con le loro coltivazioni e i loro orti, diventano così custodi di un patrimonio di ingredienti unici e spesso dimenticati che possono fare la differenza tra un buon dolce e un capolavoro di pasticceria. In un perfetto equilibrio tra sacro e profano, gli ingredienti dei dolci monastici spesso hanno più di un significato: nutrizionale, di conservazione e spirituale.

Il Miele

Simbolo di dolcezza e purezza

Le mandorle

Rappresentano spesso la rinascita e la vita eterna.

I chiodi di garofano

Simboleggiano la crocifissione.

La ricotta

Al centro di numerosi leccornie conventuali, troviamo la ricotta, un ingrediente che va oltre la sua semplice origine (viene considerata quasi uno scarto del formaggio), per diventare simbolo di trasformazione e purezza. La sua versatilità vedrà il suo apice nelle ricette conventuali tradizionali come i “deliziosi dolci monastici siculi”: la cassata siciliana o il “cannolo siciliano“, dove la ricotta diventa protagonista assoluta.

Tecniche pasticcere preservate nel tempo

La maestria dei dolci monastici non deriva solo dagli ingredienti ma anche dalle tecniche di preparazione.
Queste metodologie, perfezionate nel corso dei secoli, si avvalgono di processi manuali e strumenti che, sebbene possano sembrare antiquati, sono stati essenziali per ottenere sapori e consistenze uniche. Un esempio emblematico è rappresentato dai ferri per ostie, che presentavano forme variegate all’esterno e incisioni con dettagliati disegni all’interno. Originariamente utilizzati per la preparazione delle ostie per la messa, questi strumenti furono successivamente adottati nella creazione di delizie culinarie derivate dalle ostie, come le deliziose ostie chjene (ostie farcite) preparate dalle monache clarisse che vivevano nell’ex Monastero della Santissima Trinità di Monte Sant’Angelo (FG) nel Gargano.